Da quest’anno Winnie-the-Pooh di A.A. Milne e Bambi, A life in the woods di Felix Salten sono entrate nel pubblico dominio degli Usa. Sia chiaro: nella loro versione originale del 1926, non nell’adattamento Disney. Occhio però che Tigro sarà ancora sotto copyright per due anni ancora!
Analoga via libera anche a oltre quattrocentomila (400.000) registrazioni audio pubblicate prima del 1923, un vero tesoro di blues, jazz, classica…
E, tenetevi forte, Steamboat Willie, cioè la versione originale di Topolino datata 1928 entrerà nel pubblico dominio nel 2023. Il prossimo anno scade la proroga del copyright che lo aveva esteso a ben 95 anni, contro i 75 previsti dalla legge.
Nel 1998, infatti, il celeberrimo Sonny Bono Copyright Term Extention Act (passato alla storia come il Mickey Mouse Protection Act) ne aveva prolungato il termine di altri vent’anni.
Ancora due anni e poi potremo usare il celebre Topo, ma… attenzione, quello della prima versione, e cioè in pantaloncini e senza guanti, non quello posteriore che invece sarà libero dal 2074.
Non credo proprio che avrò l’onore di esserci…
Un dato curioso: politici, economisti (tra i quali ben cinque premi Nobel), opinionisti vari hanno riconosciuto che l’estensione dei termini della protezione dei diritti d’autore strozza la creatività, non ne stimola d’ulteriore ed è perciò “un grande errore”, non ultimo dal punto di vista finanziario. Le opere “congelate” non solo non generano nuove entrate per i proprietari dei diritti, ma si stanno rovinando, perché non tutte possono essere digitalizzate da big company.
Risultato: un piccolo/grande patrimonio culturale rischia di restare off-limits, o peggio svanire, per questioni burocratiche.
Al momento mi s’impone una piccola riflessione: viviamo come non mai nell’epoca del “free”, e come ci ha insegnato il film The Social Dilemma, se non stai pagando, il prodotto sei tu.
Questo probabilmente ci riguarda e ci “avvantaggia” come consumatori, ma come creativi?
Sappiamo per esperienza quanta fatica è necessaria per creare contenuti e Brand originali; proteggere le cosiddette “opere d’ingegno” è perciò un doveroso riconoscimento a chi lo fa per lavoro. Allo stesso tempo, però, il protezionismo a oltranza, tanto più quando guidato da lobby potenti, produce una anti-economia, e non solo finanziaria.
Senza Romeo e Giulietta di Shakespeare non ci sarebbe mai stato West Side Story.
Perché la creatività si nutre sempre di contaminazione, citazioni e di piccoli o grandi plagi.
A proposito di plagi, musicali in questo caso, mi torna in mente il caso Albano- Jackson che, dopo lunghe e alterne vicende, si chiuse con una sentenza che stabilì che entrambi, per le loro canzoni (I cigni di Balaka/Will you be there), si erano ispirati a una canzone del 1939 degli Ink Spots, celebre gruppo vocale jazz degli Anni Trenta non coperto da copyright.
Albano ha sempre negato, e io gli credo 😉